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L'AFFASCINATE STORIA DELLE NOSTRE NAVI ATTRAVERSO I DOCUMENTI POSTALI

Un saluto dalle Regie Navi " E. CARLOTTO " e " S. CABOTO "

 
Immagini e articolo del C. Amm. Aldo Gabellone (Socio del Gruppo di Taranto)
 
Questa volta, attraverso alcuni rari documenti postali spediti da bordo di due non molto conosciute Unità, rivisiteremo le loro avventurose vicende storiche.
Già i soli nomi delle Navi evocano due personaggi, distanti tra loro nel tempo ma entrambi carichi di storia.
La prima Unità porta il nome di un eroico Marinaio: il Sottotenente di Vascello Ermanno Carlotto (1), che sul lontano suolo cinese sacrificò la Sua giovane vita, durante la rivolta dei “boxers” (2) del 1900.
La seconda Nave, invece, è dedicata ad un grande Navigatore  del 1500: Sebastiano Caboto (4).

Prima di procedere oltre è opportuno esaminare come nacque l’esigenza, per la

 
Marina, di dotarsi di queste due Cannoniere.
Siamo nella prima decade del 1900 e da qualche tempo il Ministro degli Esteri,
sollecitato dal Real Ministro a Pechino, chiedeva alla Marina una maggiore
presenza delle nostre Navi nelle Regioni dei fiumi dell’alto Yang-tse-kiang (5) e del
Pai-ho (6), per proteggere gli insediamenti dei nostri connazionali, che conducevano
 fiorenti stabilimenti tessili e lucrosi scambi commerciali.
L’iniziativa dei nostri imprenditori e produttori si era spinta in quei territori fin dai
primi anni del 1900, come lo testimonia la cartolina pubblicitaria, spedita dalla
R.N. PUGLIA, in sosta a Wu-sung nell’agosto del 1904.
 Ancora prima, altre piccole imprese dell’artigianato napoletano erano dedite La R.N.  “ERMANNO CARLOTTO”  in navigazione
all’importazione del corallo che trasformato in Italia, in preziosi monili, ritornava
in Cina e Giappone. La Cannoniera “E. CARLOTTO” fu impostata nel 1920 nei Cantieri
 La loro perizia e creatività superava quella degli orientali, tanto capaci erano nella Navali Dode Engineering di Shanghai. Aveva un dislocamento
 modellazione del corallo, avorio ed ambra. a p.c. di 318 tonn., un’autonomia di 1.250 miglia a 9  nodi   e   
La maggior parte di queste imprese operavano lungo le sponde dei principali fiumi

  un  Equipaggio   di    43      uomini.   

 della Cina, che costituivano la primaria via di comunicazione con l’entroterra. Il suo motto era:   “Parva favilla gran fiamma seconda” (3)
In particolare sullo Yang-tse, che con i suoi 5.500 Km., attraversava le ricche e

popolose Regioni sud-orientali, ognuna delle quali era grande quanto l’Europa.

 

 

All’epoca cui ci riferiamo, la navigazione oceanica si fermava a Wu-sung,

importante porto all’imboccatura della foce dello Yang-tse-kiang.

 Poi, le Navi di un certo tonnellaggio, con gran perizia marinaresca potevano arrivare

fino a Han-kow.

Solo l’Ariete Corazzato “MARCO POLO” nel 1913, prima Nave con dislocamento

superiore alle mille tonnellate, si addentrò, verso la sorgente per oltre 800 Km.,

destando l’ammirazione delle altre Marine.
A parte, quindi, l’inopportunità di impiegare Navi maggiori a “stazionare” oltre Han-
kow, la nostra Marina, per ristrettezze economiche dovute ai tagli operati dal Governo
al suo bilancio, non era comunque in grado di assicurare, come per il passato,
la presenza in Estremo Oriente di una Divisione Navale.

La R.N.  “SEBASTIANO CABOTO”

 Le due Cannoniere, pertanto, dovevano essere impiegate per svolgere questo

La Cannoniera “S. CABOTO” fu impostata nel 1911 presso i Cantieri Navali

 rischioso ma indispensabile compito, a tutela degli interessi e della sicurezza

Riuniti di Palermo. Aveva un dislocamento a p.c. di 1.049 tonn.,

 delle nostre comunità.

un’autonomia di 3.600 miglia a 9 nodie   un   Equipaggio   di  110   uomini

Esse inoltre dovevano vigilare sulla correttezza dei traffici ed al rispetto delle norme

Il  suo  motto  era:   “Nulla  nos  via  tardat  euntes”  (7)

da parte del naviglio mercantile battente bandiera italiana. Si erano verificati, infatti,
frequenti tentativi di fermo d’alcuni nostri battelli, per l’ispezione del carico e dei
passeggeri da parte delle autorità portuali del luogo o dai belligeranti cinesi delle opposte fazioni, per il sospetto di trasporto abusivo d’armi o truppe combattenti o
contrabbando in genere Il fermo, comunque, non era consentito dalle convenzioni stipulate con il Governo ufficiale, né tollerabile per la credibilità ed il prestigio delle
Società di Navigazione autorizzate a portare il Tricolore. 

 

Cartolina pubblicitaria spedita dalla R. N.  “PUGLIA” 

Cartina con i fiumi Yang-tse-kiang e Pai-ho sui quali hanno

 l’8 agosto 1904 da Wu-sung

 operato le  Cannoniere “E. CARLOTTO” e “S. CABOTO”
 
I sospetti però non erano del tutto infondati, in quanto molte di queste navi erano passate sotto il completo controllo di spregiudicati Padroni Marittimi indigeni, in
sostituzione dei Comandanti italiani e all’insaputa delle Autorità Consolari, sotto cui ricadeva la responsabilità del rilascio delle “Patenti” e conseguente autorizzazione
a battere Bandiera italiana (8)
La situazione andava altresì aggravandosi nel tempo e solo la presenza di una Nave da guerra, nei tratti di fiume non navigabili per le Navi maggiori, avrebbe potuto
sanare gli abusi di entrambi le parti e restituito il prestigio alla nostra Bandiera. La prima Cannoniera ad essere commissionata, nel 1913, fu la CABOTO.

Costruita su progetto del Colonnello del Genio Navale E. Berghinz, fu considerata un’Unità ingegneristicamente ben riuscita per l’accorta e innovativa “distribuzione dei pesi”, che ne limitò il pescaggio (importante nella navigazione fluviale), a fronte delle sue 1.000 tonnellate di dislocamento.

Fronte e retro della busta intestata, con motto della R.N. “E. CARLOTTO”, con francobollo cinese e timbro dell’Ufficio Postale di Shangha del15 giugno 1939

 

Consegnata alla Marina nel 1914, dopo un rapido addestramento dell’Equipaggio, lasciò l’Italia per l’Estremo Oriente.

Nel marzo del 1914 s’incontrò, a Hong-kong con la “MARCO POLO”, che era in procinto di rientrare in Patria, richiamata nell’imminenza del 1° Conflitto Mondiale.

Prima di lasciare la Cina, il Comandante di quest’ultima, su incarico dello Stato Maggiore, aveva avviato un’indagine tra i vari Cantieri Navali locali, per la costruzione della seconda Cannoniera: la “ERMANNO CARLOTTO”.

La scelta cadde sul Cantiere Navale Dode  Engineering di Shanghai, che ne iniziò  
subito la realizzazione, secondo le “specifiche tecnico-operative della Marina.

Era volutamente più piccola della “CABOTO”. Ciò per consentire la risalita dei

fiumi, con maggiore sicurezza, dove la prima non fosse riuscita. La sorveglianza dei
 lavori fu affidata ad un Ufficiale del Distaccamento Marina di Tien-tsin.
La “CABOTO” intanto, rimasta al momento sola in E.O., iniziò subito la sua missione
lungo le sponde dell’alto Yang-tse, al cui arrivo fu salutata, con entusiasmo, dalle
Missioni religiose, che si erano poste sotto la nostra protezione. Finalmente poterono
operare senza il timore delle continue scorrerie di sbandati,pirati dei fiumi e delle
sempre presenti fazioni, in perenne stato di conflitto.
Per la “CABOTO”, valida deterrente, non fu necessario l’impiego delle armi, neanche
nelle situazioni più difficili e pericolose, di fronte all’aperta aggressività di quanti non
intendevano soggiacere al rispetto della legalità.

Cartolina  con  timbro  postale  della  “E. CARLOTTO”

Dal punto di vista nautico la Nave confermò la buona qualità del progetto: risultò agile,

Spedita  l’8 marzo 1932 da Hankow

 maneggevole e dotata d’adeguata potenza,  autonomia ed economicità (con 100  
tonnellate di carbone riusciva a percorrere 1.356 miglia). Si spinse fino al limite della navigabilità dei fiumi. In particolare, risalì lo Yang-tse-kiang sino a Chung-king.
 

Busta   con   timbro   postale  della   R.N.  “S. CABOTO”

Busta con timbro ovale di franchigia della R.N. CABOTO

Spedita da Pechili il 6 marzo 1933

 Spedita da Shanghai il 1° agosto 1932

Raccontato in questo modo non si dà un’idea delle difficoltà affrontate dall’Equipaggio della nostra Nave, in quel particolare tipo di navigazione.

Basta leggere un Portolano (9) per avere una conferma di quanto riferito, nei suoi Rapporti, dal Comandante della “CABOTO”: solo nel tratto fra I-chang e Chung-king, s’incontravano frequenti vortici e controcorrenti, una settantina di rapide (variabili con il livello delle acque), molte gole, lunghe dalle 5 alle 25 miglia e larghe dai 50 ai 150 metri (compresa la temibile “scatola dei venti”, tristemente temuta dai “pratici locali”), fra picchi alti dai 100 ai 1.000 metri, con dislivelli che in 86 miglia raggiungevano i 100 metri.

Le cronache del tempo riferiscono che ogni anno, in quel fiume, trovavano la morte oltre 100.000 cinesi, riconosciuti esperti e conoscitori delle insidie dei luoghi.
Nell’estate del 1924 la “CABOTO” effettuò una crociera in Siberia, sostando a Vadivostok e altri sorgitori minori.
Intanto la costruzione della “CARLOTTO” dovette subire un arresto, per tutta la durata della guerra 1915/18, per la dichiarata neutralità della Cina al conflitto europeo.

Cartolina con  “Marinai italiani a Pechino”

Modulo di ricevuta con firma e timbro del Comandodel Battaglione Italiano

Spedita da Tien-tsin il 18 aprile 1909

 in Cina, rispedita   all’Ufficio Storico il 17 febbraio 1929

Entrò, finalmente, in servizio nel 1921, in tempo per trasferirsi sul fiume Pai-ho, teatro di nuovi scontri tra le truppe di due opposti partiti, che compromettevano la sicurezza di tutte le comunità occidentali.
La Nave raggiunse alcune nostre missioni mai visitate da altre Unità nazionali.
Rientrata a Shanghai, risalì i fiumi Han e Min, entrambi affluenti dello Yang-tse: il primo in prossimità di Han-kow. 
Gli Ufficiali della “CARLOTTO”, in quell’occasione ebbero l’opportunità di tracciare delle carte nautiche, fin allora inesistenti, rilevando dati idrografici, cicli e correnti di piena, bassi fondali e tutte le informazioni utili alla navigazione fluviale.
Insieme alla CABOTO riportarono ordine e legalità nelle Società di Navigazione italo-cinesi. Scoperti gli illeciti, sollecitarono le Autorità Consolari per il ritiro della Bandiera alle Navi delle Società il cui capitale societario non era a maggioranza italiana e la consistenza quantitativa e qualificativa degli Equipaggi non rispondeva alla prescritta normativa.

Alternando periodi di calma a più frequenti stati di tensione, si arrivò alle soglie del 1925, quando ha inizio una nuova crisi a causa della crescente instabilità politica cinese.

La recrudescenza degli scontri tra le forze governative e il partito nazionalista guidato da Chang-kai-shek, che tentava la conquista del potere, minacciava, ancora una volta, gli insediamenti occidentali, inglesi e francesi in particolare.
La Marina italiana, a similitudine di quanto stavano facendo quelle europee, si vide costretta a rafforzare la nostra presenza, inviando il Cacciatorpediniere “MUGGIA” (10), che giunse a Shanghai nel marzo del 1926.
Intanto le forze belligeranti cinesi si fronteggiavano sulle opposte rive dello Yang-tse. L’Esercito nazionalista, nel tentativo di guadare il fiume e marciare, verso nord, alla conquista di Pechino, minacciava anche l’espulsione di tutti gli stranieri. Ma le Forze governative n’arrestarono l’avanzata e Chang-kai-shek, in disaccordo
con i suoi generali sulla condotta della guerra, si dimise dalla carica.

Venuta a mancare la sua capacità aggregativa, i generali s’impadronirono con la

forza delle Regioni del sud, portando alla creazione di cinque Governi e tre
Provincie indipendenti, ognuna ostile alle altre.
Nel 1928, un accordo promosso dai generali più moderati, portò al rientro di
Chang-kai-shek, che assunto il potere, riordinò l’Esercito, s’insediò con il suo
Governo e avviò una serie di Trattati d’amicizia con le maggior parte delle nazioni
del mondo. Stipulò accordi commerciali, compresa l’Italia, nell’intento di
risollevare l’asfittica economia cinese.
 Arrivati nel 1934, per la CABOTO, ormai al limite di un’accettabile efficienza, per
i suoi passati vent’anni d’ininterrotto servizio sui fiumi della Cina, era giunta l’ora del

La celebrazione della S. Messa nel cortile interno della

rimpatrio.

  Caserma “Ermanno Carlotto” a Tien-tsin

Così, il 7 agosto di quell’anno lasciò definitivamente la foce del “Fiume Azzurro” per rientrare in Italia. 
Il 19 gennaio 1935, mentre si trovava in sosta a Aden, ricevette l’ordine di fermarsi a Massaua per passare alle dipendenze del Comando Navale del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano. Da qui si trasferì a Rodi, dove prese parte al 2° Conflitto Mondiale quale Nave Appoggio Sommergibili.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu catturata dai Tedeschi ma operò poco nella Marina germanica perché nel corso di un bombardamento aereo alleato, fu affondata.

La CARLOTTO continuò, con la LEPANTO (11), il suo servizio in Cina.

Alla dichiarazione dell’armistizio, per evitare la sua cattura da parte dei giapponesi, fu autoaffondata, restando parzialmente emersa, perché appoggiata allo scafo della LEPANTO, precedentemente affondata dal suo Equipaggio.
Nel novembre del 1943 fu recuperata e rimessa in grado di navigare dai giapponesi e nel 1945, dopo la disfatta e la resa del Giappone, passò nelle mani dei cinesi.
Nei ranghi di quest’ultima Marina, navigò ancora come Pattugliatore, sugli stessi fiumi che solcò con a riva il Tricolore.
 
Note:
 
(1)     –  S.T.V. Ermanno Carlotto (Ceva, 20 novembre 1878 – Tien tsin, 27 giugno 1900).Imbarcato sulla R.N. ELBA, era al comando del Plotone da Sbarco della Nave. Cadde alla testa dei Suoi Marinai a difesa della Legazione italiana di Tien-tsin, durante la rivolta dei boxers. Prima della Nave, portò il Suo Nome la Caserma italiana di Tien-tsin. Attualmente anche quella del Reggimento San Marco di Brindisi;
(2)     -  Boxers: setta xenofoba il cui  nome (dato dagli occidentali) deriva dalla setta cinese, nata nel 1727, con il pretesto dell’arte del pugilato (sistema d’esercizi d’origine taoista, che si credeva concedesse agli adepti poteri soprannaturali), chiamato anche “Pugilato dello spirito” e “Pugilato dell’eterna armonia”. Tra loro, la setta più fanatica era quella del “Pugno della concordia e della giustizia”;
(3)     – Da un verso dantesco (Paradiso, canto I, verso 34). Fu scelto ispirandosi al sacrificio di Ermanno Carlotto;
(4)     .-  Sebastiano Caboto (Venezia 1480 – Londra 1557). Insieme al padre Giovanni, fu uno dei più eminenti navigatori dell’epoca delle grandi scoperte geografiche. Fu espertissimo di scienze nautiche, inventore di strumenti cosmografici e insigne cartografo. Si distinse per la Sua competenza prestando il Suo ingegno a servizio dell’Inghilterra, Spagna e di Venezia, Sua Patria d’origine;
(5)     -  Lo Yang-tse-kiang, Fiume Azzurro per gli europei (il    più lungo dell’Asia ed il quarto nel mondo), assume in Cina diverse denominazioni (idronimi) secondo le Regioni attraversate e la lingua parlata. Nella parte finale prende il nome di Chang-king (lungo fiume) o Ta-king (grande fiume) o semplicemente King. Dopo Chang-king, la valle si restringe in profonde forre con frequenti rapide, che rendevano impossibile continuare la navigazione;

(6)     -  Il fiume Pai-ho (o Pei-ho), lungo 480 Km., nasce sui monti della Mongolia e scorre in direzione sud-est passando in prossimità di Pechino. Bagna Tien-tsin e sbocca nel golfo del Chi-li (ora Pa-hai);

(7)     – “Nessun ostacolo ci arresta”. S’ispira alle imprese del grande Navigatore;
(8)     – Il Codice della Marina Mercantile prevedeva che il rilascio delle autorizzazioni a battere Bandiera italiana, per le Società di Navigazione a capitale misto, imponeva che il Comandante della Nave e due terzi dell’Equipaggio fossero di nazionalità italiana. In genere, però, veniva applicata la norma meno restrittiva (prevista dal Codice) per l’estero che prevedeva un numero inferiore di connazionali tra l’Equipaggio. Purtroppo queste norme non sempre venivano rispettate, ingenerando grave nocumento al prestigio italiano;
(9)     – Pubblicazione contenente tutte le informazioni utili alla navigazione, ad integrazione di quelle riportate sulle Carte Nautiche;

(10)  – Cacciatorpediniere, ex CSPEL della Marina austro-ungarica, ceduto nel 1920, alla Marina italiana, in conto riparazione danni di guerra. Affondò durante la navigazione di rientro in Patria, il 26 marzo 1929 per i gravi danni riportati dall’urto contro la scogliera di Finger Rock, nei pressi dell’isola di Hea-chu (del gruppo delle Taichow). Tutti i 112 uomini dell’Equipaggio si salvarono, raggiungendo a nuoto una vicina isola. Successivamente, recuperati da un Piroscafo giapponese, raggiunsero Wu-sung;

(11)  – Il Posamine “LEPANTO” entrò in servizio nel 1926. Lasciò l’Italia l’11 novembre 1932, diretto in Estremo Oriente, dal quale non fece più ritorno in Patria. Il 9 settembre 1943, il Comandante della Nave, per non consegnarla ai giapponesi, ormai nostri avversari, con un’azione tempestiva ne ordinò l’autoaffondamento. Alla fine del 1944 fu recuperata dal fondo del mare e rimessa in efficienza dai giapponesi, che requisita come preda di guerra la incorporò nella sua Marina con il nome di OKITSU. Nell’agosto del 1945, al termine delle ostilità passò alla Marina cinese che ribattezzò YEN-NING. Non si è a conoscenza per quanto tempo restò ancora in servizio né come venne impiegato da quest’ultima Marina.
 
Bibliografia:
(1)     – Ufficio Storico della Marina Militare:

 “Storia delle Campagne Oceaniche della Regia Marina”, Volumi III e IV, Roma 1993;

 “La Marina Militare nel suo primo secolo di vita (1861-1961)”, Roma 1961;

(2)     – Valli, “Gli avvenimenti in Cina nel 1900”, U. Hoepli, Milano 1905.